Giurisprudenza

Scuole paritarie: perchè devono pagare l’Ici secondo la Cassazione

Roma_2011_08_07_Palazzo_di_GiustiziaL’esenzione dall’ICI prevista dall’art.. 7, comma primo, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, e di un requisito soggettivo, costituito dal diretto svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali.

La sussistenza del requisito oggettivo deve essere accertata in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale e la prova della sussistenza del requisito oggettivo spetta al soggetto che pretende l’applicazione dell’esenzione.
Sono questi i principi sulla base dei quali la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta con sentenza del 8.7.2015 ha deciso la controversia tra il Comune di Livorno ed un ente religioso riguardante l’esenzione ICI, oggi IMU ad una scuola paritaria, accogliendo il ricorso proposto dall’Amministrazione Comunale.
In particolare, la vicenda riguarda l’impugnazione di un avviso ICI emesso dal Comune a fronte della gestione di una scuola paritaria i cui utenti pagano un corrispettivo. Per la Cassazione, erroneamente il giudice di merito aveva ritenuto tale pagamento irrilevante ai fini ICI, in quanto per contro questo “è un fatto rivelatore dell’esercizio dell’attività con modalità commerciali“.
Aggiunge la Suprema Corte che altrettanto erroneamente il giudice di merito attribuisce rilievo al fatto che la gestione operi in perdita – questione assolutamente priva di rilievo, in quanto anche un imprenditore può operare in perdita – e ritiene che l’esenzione spetti sempre laddove l’ente si proponga finalità diverse dalla produzione di reddito.
Ad avviso della Cassazione si deve riconoscere il carattere imprenditoriale all’attività economica organizzata che sia ricollegabile ad un dato obiettivo inerente all’attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente soggettivo che induce l’imprenditore ad esercitare la sua attività e dovendo essere, invece, escluso il suddetto carattere imprenditoriale dell’attività nel caso in cui essa sia svolta in modo del tutto gratuito, dato che non può essere considerata imprenditoriale l’erogazione gratuita dei beni o servizi prodotti.
Peraltro, ai fini dell’industrialità dell’attività svolta, per integrare il fine di lucro è sufficiente l’idoneità, almeno tendenziale, dei ricavi a perseguire il pareggio di bilancio, né ad escludere tale finalità è sufficiente la qualità di congregazione religiosa dell’ente.
Il ricorso del Comune è stato, pertanto, accolto e la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Toscana.
Fonte: www.ilquotidianodellapa.it (Corte di Cassazione)