Giurisprudenza

Consiglio di Stato: Il riferimento al parametro dell’assegno sociale non può applicarsi meccanicamente in fase di rinnovo del permesso di soggiorno

  1. 00597/2015 REG.PROV.COLL.
  2. 05535/2014 REG.RIC.

379px-Aufenthaltserlaubnis-BeschaeftigungREPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5535 del 2014, proposto da:
Milazim Krasniqi, rappresentato e difeso dall’avv. Davide Baiocchi, con domicilio eletto presso Nicola Elmi in Roma, Via Emanuele Gianturco, n. 6;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n.12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA, SEZIONE II, n. 333/2014, resa tra le parti, concernente diniego rinnovo del permesso di soggiorno.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 novembre 2014 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli avvocati Meo su delega di Baiocchi e dello Stato Barbieri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

  1. – Con ricorso al TAR Emilia Romagna-Bologna, il Sig. Milazim Krasniqi ha impugnato il decreto di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, emesso dal Questore di Ravenna in data 9.4.2013, su istanza presentata il 9.11.9012, per violazione ed errata interpretazione della normativa sull’immigrazione, soprattutto con riferimento all’art. 22, 11°comma, del T.U. n. 286/1998.
  2. – Con la sentenza in epigrafe, il TAR respingeva il ricorso nel merito.

Il ricorrente, secondo quanto riferisce la Questura di Ravenna nella sua relazione, pur essendo stato in possesso di un titolo autorizzatorio rilasciato per motivi di lavoro subordinato, non aveva in realtà una stabile attività lavorativa e non ha conseguito, dal 2009 al 2012, redditi sufficienti.

Inoltre, la documentazione fornita dal ricorrente non è sembrata idonea al primo giudice ad inficiare la legittimità del provvedimento, avendo egli, dal 2009 al 2012, dichiarato redditi del tutto insufficienti rispetto ai parametri stabiliti dalla legge – ad esempio per l’anno 2009 il medesimo avrebbe dichiarato un reddito imponibile irrisorio (Euro 1361,48 Mod. Unico persone fisiche 2010).

Il TAR ha ritenuto irrilevante la questione relativa all’estensione (inferiore o pari ad 1 anno) del periodo di attesa occupazione per perdita del posto di lavoro, perché tale condizione è subordinata all’iniziativa dell’interessato e attiene ad un periodo circoscritto, mentre la situazione d’insufficienza reddituale si riferisce ad un periodo di gran lunga superiore, comprendente tutto il periodo di permanenza in Italia.

  1. – Propone appello l’interessato, riportandosi a tutti i motivi d’impugnazione e chiedendo che sia fatta corretta applicazione dell’art. 5, comma 5, D.Lgvo 286/98, ribadendo l’attuale concreta possibilità di occupazione in qualità di manovale, come da dichiarazione, datata 22.5.2013, di impegno del datore di lavoro a formalizzare il contratto non appena ottenuto il permesso di soggiorno.

L’appellante ripropone la propria tesi, secondo cui non sarebbe possibile contestare requisiti di reddito mancanti nel periodo di valenza del permesso per attesa occupazione e, infine, denuncia la violazione dei principi di imparzialità, giusto procedimento, equità.

  1. – Con ordinanza n. 4995 del 12.12.2013, questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare dell’appellante, riformando l’ordinanza del TAR n. 8351/2013, ai fini del riesame da parte della Questura, osservando che “non appaiono sfornite di elementi di fumus boni iuris le censure riguardanti l’omessa valutazione della possibilità di prolungare il permesso per attesa occupazione nei nuovi limiti temporali di cui all’art. 22, comma 11, T.U. n. 286/1998 in modo da consentire la formalizzazione dell’assunzione di cui all’impegno in data 22 maggio 2013 in atti”.

A seguito di tale provvedimento, sulla cui scorta, con domanda del 14.1.2014, corredata di n. 2 impegni attuali ad assumere il lavoratore da parte di due diverse aziende, l’amministrazione veniva invitata al riesame dell’istanza.

  1. – Con provvedimento di pari data, la Questura conferma il decreto di rigetto impugnato “considerato il rinvio al TAR per la sollecita fissazione dell’udienza di merito”. Inoltre, rammenta che altra precedente istanza di riesame del 7.6.2013 era stata rigettata (per mancata dimostrazione del requisito reddituale).
  2. – Anche l’istanza cautelare proposta per la sospensione dell’esecutività della sentenza in epigrafe n. 333/2014, nelle more sopraggiunta, è stata accolta da questa Sezione con ordinanza del 31 luglio 2014, n. 3463, “al fine di una nuova valutazione da parte dell’Amministrazione dei fatti rappresentati dall’appellante ed in particolare del nuovo lavoro reperito dallo straniero, ai sensi dell’art. 5, comma 5, del TUI”.

Seguiva, in data 8 settembre 2014, la domanda dell’interessato alla Questura di Ravenna di dare ottemperanza alla richiamata ordinanza cautelare di questa Sezione, poi sollecitata il 7.10.2014, e rimasta senza riscontro.

  1. – Si è costituita in giudizio l’Amministrazione, chiedendo il rigetto dell’appello.
  2. – All’udienza del 27 novembre 2014, l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

  1. – L’appello merita accoglimento.
  2. – E’ fondato il motivo col quale lo straniero chiede la corretta applicazione dell’art. 5, comma 5, nonché dell’art. 22, comma 11, del T.U. Immigrazione.

Recenti sentenze di questa Sezione (n. 6069 del 10.12.2014; n. 3596 del 11/07/2014; n. 3674 del 14/07/2014), con riferimento a casi simili a quello in esame, hanno sottolineato che, sulla base della normativa vigente ed in particolare delle disposizioni di cui all’art. 22, comma 11, l’autorità amministrativa deve comunque tener conto di comprovati fatti sopravvenuti prima del provvedimento sul rinnovo del permesso di soggiorno, che superino situazioni di carenza di reddito riscontrate durante il pregresso periodo di validità del precedente permesso di soggiorno.

  1. – Le sentenze richiamate al punto 2. affermano il sopradetto principio senza contraddire il consolidato orientamento giurisprudenziale, conforme al disposto dell’art. 5, comma 5, del D.Lvo n. 286/1998, per il quale il possesso di un reddito minimo idoneo al sostentamento dello straniero costituisce condizione soggettiva non eludibile ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno, perché attiene alla sostenibilità dell’ingresso dello straniero nella comunità nazionale, mentre l’insussistenza del requisito in esame integra motivo ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno (C.d.S., sez. III, 09/04/2014, n. 1687). Questa sentenza, sulla scia delle precedenti nello stesso senso, ha opportunamente precisato la “ratio” del citato art. 5, comma 5, affermando che: “Il requisito reddituale è finalizzato ad evitare l’inserimento nella comunità nazionale di soggetti che non siano in grado di offrire un’adeguata contropartita in termini di lavoro e quindi di formazione del prodotto nazionale e partecipazione fiscale alla spesa pubblica… e la dimostrazione di un reddito di lavoro, o di altra fonte lecita di sostentamento, è garanzia che il cittadino extracomunitario non si dedichi ad attività illecite o criminose.”
  2. – Tuttavia, secondo l’interpretazione sistematica, le diverse disposizioni in materia di requisiti di reddito devono essere collegate tra loro tenendo conto della loro comune “ratio”, come ricostruita dalla giurisprudenza sopra riportata, con particolare riferimento alla regolazione di casi come quello in esame, nei quali, ad una temporanea carenza di reddito, fa seguito il ristabilimento di rapporti di lavoro, o quantomeno la concreta possibilità di produzione di reddito sufficiente per il futuro, stante la dimostrazione del reperimento di nuova attività lavorativa.
  3. – La giurisprudenza citata al punto 2. ha preso in esame la normativa del citato testo unico per l’immigrazione o delle norme attuative dello stesso, rilevando che:

– l’art. 22, comma 11, regola dettagliatamente la situazione per i titolari di permesso di soggiorno per lavoro subordinato prevedendo che: ” la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore. Decorso il termine di cui al secondo periodo, trovano applicazione i requisiti reddituali di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b”;

– l’art. 4, comma 3 , a cui fa rinvio il successivo art. 5, comma 5, per il rinnovo di qualsiasi permesso di soggiorno, richiede di dimostrare la disponibilità di “mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno”, senza quantificare detta soglia di sufficienza; lo stesso comma 5 disciplina la revoca del permesso di soggiorno ordinario nel caso in cui vengono a mancare i requisiti previsti per il suo rilascio, ma fa un’espressa eccezione proprio per il requisito del reddito facendo salvi i casi di temporanea perdita di lavoro e di reddito ove si richiama l’art. 22, comma 9, al posto del comma 11, per mero errore materiale come dimostra la corrispondente norma dell’art. 13 del regolamento attuativo di cui al DPR 399/1998;

– l’art. 6, comma 5, dello stesso t.u., attribuisce all’Autorità di pubblica sicurezza il potere di richiedere agli stranieri “informazioni e atti comprovanti la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato”, senza specificare quale debba essere il reddito minimo;

– il regolamento attuativo di cui al DPR n. 394/1999, all’art. 13, comma 2), precisa che “la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte lecita, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi a carico” può essere accertata d’ufficio sulla base di una dichiarazione temporaneamente sostitutiva resa dall’interessato con la richiesta di rinnovo, escludendo espressamente i casi previsti dal comma 11 dell’art. 22 e cioè i casi in cui la temporanea perdita del posto di lavoro è disciplinata;

– quanto alle circolari ministeriali che specificano questa normativa, a parte quelle che specificano le modalità applicative del limite minimo di reddito previsto per il ricongiungimento familiare e per la richiesta della carta di soggiorno di lungo periodo in conformità alla previsione di legge, con riferimento al permesso di soggiorno per lavoro subordinato, va considerata la Circolare n. 5792 del 09 luglio 2012 del Ministero dell’Interno, concernente l’attuazione delle modifiche introdotte dall’articolo 4, comma 30, della legge 28 giugno 2012, n. 92, che ha modificato ed integrato il richiamato comma 11 dell’articolo 22 del decreto legislativo n. 286/98, fissando in un anno il termine minimo per il permesso di soggiorno in attesa di occupazione, prevedendo anche che decorso il termine, “trovano applicazione i requisiti reddituali di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b),” del citato decreto legislativo n. 286.

La circolare afferma che con tale ulteriore previsione si è voluto chiarire che l’eventuale, successivo rinnovo del permesso di soggiorno potrà aver luogo qualora il lavoratore straniero dimostri un reddito minimo derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, in base ai precisi parametri indicati nella lettera b), del comma 3 dell’articolo 29.

La normativa sopra riportata deve essere tuttavia letta sistematicamente in connessione con altre disposizioni dello stesso testo unico che fanno riferimento a singole fattispecie:

– in primo luogo, proprio con riferimento alla circolare n. 5792/2012 da ultimo citata, deve osservarsi che l’art. 29, comma 3, lett. b), definisce solo i requisiti reddituali validi ai fini del ricongiungimento familiare, prevedendo che il richiedente dimostri, con riferimento al reddito complessivo del nucleo familiare convivente, un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale aumentato della metà dell’importo dell’assegno sociale per ogni familiare da ricongiungere. Per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici ovvero per il ricongiungimento di due o più familiari titolari dello status di protezione sussidiaria è richiesto, in ogni caso, un reddito non inferiore al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale.

Contrariamente a quanto affermato dalla circolare n. 5792 deve, pertanto, necessariamente ritenersi che l’art. 22, comma 11, richiama i limiti di reddito di cui all’art. 29, comma 3, lett. b, per gli effetti dalla stessa norma previsti e cioè ai fini delle procedure di ricongiungimento familiare, e non per il rilascio o rinnovo dell’ordinario permesso di soggiorno, per il quale continua ad applicarsi la norma generale di cui all’art. 4, comma 3. Non avrebbe del resto senso prevedere una norma più stringente – rispetto al permesso ordinario – per il permesso di soggiorno per lavoro subordinato successivo alla scadenza del termine per il permesso di soggiorno in attesa di occupazione.

– l’art. 9, comma 1, ai fini della richiesta della carta di soggiorno CE di lungo periodo, è assai preciso proprio sullo stesso punto, richiedendo per la relativa richiesta di dimostrare la disponibilità di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell’articolo 29, comma 3, lettera b); – il successivo comma 7 dello stesso art. 9, che disciplina dettagliatamente i casi di revoca della carta di soggiorno di lungo periodo, non prevede la revoca per il venir meno dei requisiti di carattere economico previsti per il rilascio, limitandosi a richiamare tra i requisiti per il rilascio quelli relativi alla condotta di cui al comma 4 dello stesso articolo 9.

Sempre in tema di specifici requisiti di reddito richiesti solo nel momento in cui si avanzano istanze particolarmente qualificate quale il ricongiungimento familiare, si deve osservare che non è prevista né sarebbe in alcun modo ragionevole una autonoma revoca del ricongiungimento familiare per il temporaneo venir meno degli specifici limiti di reddito di cui all’art. 29, comma 3, ferma la necessità di dimostrare in sede di rinnovo del permesso di soggiorno la capacità di sostentamento proprio e dei propri familiari.

  1. – L’analisi della normativa svolta dimostra, in primo luogo, che la legge, quando intende precisare tassativi limiti di reddito, lo fa espressamente, come avviene in presenza di specifiche e qualificate finalità, quali: la richiesta di carta di soggiorno di lungo periodo, la richiesta di permesso di soggiorno di lavoro autonomo e il ricongiungimento familiare, valendo sempre negli altri casi la norma generale che richiede la disponibilità di “mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno” ovvero di “un reddito, da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato”, senza quantificare detta soglia di sufficienza.

Di conseguenza, il riferimento al parametro dell’assegno sociale non può applicarsi meccanicamente e nella stessa maniera nei casi in cui esso è espressamente previsto e dove non lo è.

Il limite minimo corrispondente all’assegno sociale, ove non è espressamente previsto dalla legge, può valere come un criterio ragionevole disponibile per fissare un reddito sufficiente al sostentamento, ma deve essere nell’applicazione temperato da altri criteri di pari ragionevolezza relativi ad altre circostanze concorrenti non disciplinate in modo specifico dalla legge.

  1. – In conclusione, le norme che prevedono requisiti di reddito (anche quelle che fanno riferimento ad un preciso limite minimo) sono rivolte a regolare in modo specifico la fase di richiesta di rilascio del permesso di soggiorno e del suo rinnovo, momento in cui il requisito di reddito deve sussistere, ma non disciplinano in modo altrettanto esplicito gli effetti di trascorse temporanee carenze di reddito, ovvero di difficoltà di dimostrare la continuità di quel livello di reddito per tutto il periodo di validità del precedente permesso di soggiorno.

La valutazione di tali irregolarità resta, dunque, affidata all’Autorità amministrativa che deve verificare se esse possano rientrare nelle irregolarità sanabili (ex art. 5, comma 5, tu) dal successivo ripristino delle condizioni di reddito, ovvero nelle eccezioni espressamente contemplate attraverso il richiamo ai casi di temporanea carenza di reddito di cui all’art. 22, comma 11.

In altri termini, la conclusione raggiunta conduce alla ragionevole applicazione del necessario requisito di reddito durante il periodo di validità dei permessi di soggiorno, non spingendosi fino a prescrivere una regola di necessaria, assoluta e ininterrotta continuità di un certo livello di reddito “fisso” nella misura, come del resto può constatarsi nella comune prassi amministrativa, nella quale generalmente l’Autorità motiva la non presa in considerazione di un nuovo rapporto di lavoro, dopo un periodo di carenza di reddito, solo quando si ha ragione di credere che si tratti di un rapporto di lavoro fittizio strumentalmente predisposto al solo fine del rinnovo del permesso di soggiorno.

  1. – Facendo applicazione dei richiamati principi al caso in esame, deve ritenersi che avendo il ricorrente dimostrato le opportunità lavorative sopravvenute (doc. 9 della produzione in primo grado: dichiarazione del sig. Krasniqi Arsim del 22.5.2013; doc. 4 e 5 della produzione in appello: rinnovazione d’impegno all’assunzione datata 20.12.2013 e nuova proposta di lavoro presso la ditta MATRIX s.r.l. del 23.12.2013), nonché avendo egli dimostrato la pregressa iscrizione al Centro per l’impiego di Ravenna sin dal febbraio 2012 (cessato il precedente lavoro alla fine del 2011) ed essendo stato in possesso di permesso per attesa occupazione di durata inferiore all’anno (circostanza, questa, non contestata), ad avviso del Collegio, l’Amministrazione avrebbe dovuto attribuire maggiore rilevanza al sopravvenire di una situazione che lascia presumere la potenzialità reddituale per il futuro, nonostante le temporanee carenze di reddito verificatesi in passato.
  2. – In definitiva, le circostanze rappresentate dall’appellante, alla luce delle considerazioni sopra esposte, avrebbero richiesto un’adeguata e specifica valutazione da parte dell’autorità amministrativa.

La mancanza di ciò determina una carenza di motivazione e la conseguente illegittimità del provvedimento impugnato in primo grado e, a maggior ragione, dei provvedimenti di mera conferma del rifiuto, successivamente adottati, nonostante le ripetute ordinanze cautelari di questa Sezione, chiaramente dirette ad ottenere il riesame della situazione lavorativa e reddituale complessiva dell’appellante, considerate le sopravvenienze documentate.

Ne consegue la necessità di un riesame da parte della competente autorità amministrativa al fine di fondare la valutazione su elementi che riguardino la situazione attuale e le sue prospettive e non il passato, che può essere significativo solo ove da esso si possano dedurre elementi pregnanti e adeguatamente motivati di inaffidabilità sulla presente e futura capacità lavorativa e di produzione di reddito dello straniero in attuazione della “ratio” unitaria che ispira la normativa in materia come sopra definita.

  1. – Conclusivamente, l’appello va accolto, ai fini di un’adeguata e specifica valutazione da parte dell’autorità amministrativa.
  2. – Le spese di giudizio si compensano tra le parti, considerata la novità delle questioni affrontate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo, Presidente

Carlo Deodato, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere

Dante D’Alessio, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore

05/02/2015